La
Fornace Guerra-Gregorj iniziò l'attività nel 1840, con sistemi
produttivi ancora risalenti all'archeologia industriale, per poi
concluderla nel 1965, a Fronte di trasformazioni tecniche di
produzione dei laterizi e delle ceramiche che le avrebbero imposto
una totale ricapitalizzazione dell'attività, che non poté essere
realizzata. La storia di questo opificio di Sant'Antonino di Treviso
inizia, dunque, in epoca di pieno rigoglio asburgico e si conclude
all'indomani del miracolo economico italiano, conseguente alla
ricostruiione del secondo dopoguerra. Come dire che le generazioni
dei Gregorj che si succedettero, al comando della fabbrica furono
testimoni ed in parte concorsero di persona, specie nel loro ambito
di competenza territoriale, al progetto di nascita e di edificazione
del Paese, rappresentando il ponte di ricongiunzione tra l'Italia
contadina e soggiogata alla potenza straniera a quella industriale e
manifatturiera, libera ed indipendente, ed interprete di primo piano
della modernità europea. Questa prestigiosa e colta dinastia di
imprenditori trevigiani non creò soltanto, a vantaggio dei
conterranei, benessere economico ed occasioni di lavoro nel campo
dei materiali da costruzione e da rivestimento dell'edilizia, ma
seppe realizzare un autentico atelier dell'arte decorativa in
ceramica e giunse ad indirizzare e e a promuovere le ricerche del
gusto a livello nazionale e, in alcune situazioni, anche
internazionale, imponendosi in mostre, fiere manifestazioni di
prestigiosa risonanza. Vincenzo Guerra fu il fondatore della
fornace nel 1840; una trentina di anni dopo lasciò l'impresa in
eredità alla figlia Regina, andata sposa a Bartolomeo
Gregorj. Il loro figlio Gregorio Gregorj fu il protagonista
del mitico venticinquennio della Fornace Guerra-Gregorj, dal 1887 al
1913, portandola ad eccellere non solo per la straordinaria, fattura
e robustezza dei materiali prodotti, ma anche per ricerca artistica
di primo eccellenza delle sue ceramiche, progettate nella sala dei maestri,
ove in quell'aureo periodo si succedettero molti artisti fra i quali
vanno ricordati Angelo Benotto, Pietro
Murani, Giuseppe Rossetti detto il Motino, Luigi Serena, Antonio
Carlini, Guido Cacci. puoti, Gino Rossi e Arturo Martini. Pietro
Murani fu grande interprete del liberty e dell'art notiveau in
Italia, entrò giovanissimo nella fabbrica di ceramiche, si fece
notare all'esposizione dell'Arte Sacra di Torino del 1898, a quella
la universale di Parigi del 1900 e a una successiva serie di
premiazioni e manifestazioni;
molto significativo fu il Guerriero di Murani, esposto per la prima
volta alla fiera delle ceramiche artistiche di Milano del 1906 e
successivamente premiato con diploma (l'onore e medaglia di bronzo
all'esposizione internazionale di Bruxelles del 1910. Sicuramente
una considerazione a parte meriterebbe Arturo Martini, che proprio
in Gregorio Gregorj trovo il mecenate che lo sostenne nei primi
passi della sua produzione, intrapresa da giovanissimo, e lo sprono
ad esprimersi liberamente, benché fosse un giovanotto di
animo focoso, insofferente ad ogni forma di autorità e di riverenza
sia verso gli altri artisti sia verso i suoi datori di lavoro, al
punto da rompere in modo clamoroso con Giorgio Gregorj, il figlio di
Gregorio, per questioni futili ed episodiche. Ma la successiva
prestigiosa carriera di Arturo Martini, scultore,di risonanza
internazionale, risultò essere felicemente segnata dal suo apprendistato
con la ceramica, realizzato presso la Fornace Guerra-Gregorj, che
gli sviluppò una sensibilità ineguagliabile alla pienezza plastica
delle opere. Il rigolioso periodo della creatività della Fornace
artistica prosegue e si conclude con l'opera di Mario Gregorj,
Francesco Mandruzzato, Arturo Malossi e Giuseppe Santomaso,
quest'ultimo ideatore di un particolare tipo di piastrella a
rilievo, che ebbe successo nell'edilizia di lusso degli anni
sessanta dello scorso secolo.
Oggi noi dobbiamo la conservazione e la testimonianza dell'imponente
patrimonio artistico di questi ceramisti alla nipote di
Gregorio, cioè a Luisa Gregorj, in proprio scrittrice di narrativa
e di poesia, ma anche promotrice di un'associazione che intende
valorizzare il patrimonio sia artistico sia fondiari a lei giunto
dai nonni ed impedire che esso possa decadere nell'oblìo e nella
trascuratezza fino a correre il rischio di perdersi, mandando
distrutta l'originale fabbrica dove furono concepite tante opere
d'arte oggi conservate in collezioni museali, tra le quali quella
del Museo Internazionale delle Ceramicla di Faenza. Il progetto di
Luisa Gregorj consiste nella realizzazione di un'area museale
interattiva nella quale gli artisti contemporanei possano esporre le
loro opere in uno spazio di contestualità con le testimonianze del
passato, facendo sì che nel contempo tale spazio rimanga aperto
all'accoglienza dei giovani studenti, impegnati in laboratori
creativi, e alla godibilità dei visitatori, richiamati dall'utenza
pubblica di una struttura artisticamente prestigiosa ed immersa in
un parco naturale. Si tratta di un progetto di avanguardia, che deve
essere promosso, condiviso e patrocinato sia dagli enti pubblici
territoriali competenti sia dalle organizzazioni di iniziativa
privata che possono trovare, in questa testimonianza storica
rinnovata nell'attualità, la ragione profonda delle loro radici
imprenditoriali.
Sandro Gros-Pietro
© Luisa Gregorj 2002
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