LUISA GREGORJ
Luisa Gregorj è nata a Treviso e vive a lancenigo. Laureata in
pedagogia a Padova ha insegnato lettere in una scuola media della
provincia. Figlia dell'ingegnere Giorgio e nipote di Mario avvocato
per necessita e pittore e scultore per talento e passione, ha
scritto un libro dedicato alla storia della Fornace Guerra-Gregorj e
agli artisti, trevigiani e non che vi hanno lavorato fino agli anni
'80.
Ha pubblicato Dietro le
quinte, un saggio storico-sociologico sull'ambiente artistico
trevigiano tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del
Novecento, premiato ai concorsi letterari "Cesare Pavese-Mario
Gori" e Città di Pompei", Parole e immagini /Storie
trevigiane non...), premiato in numerosi concorsi letterari e
Fermati un animo Treviso pagine di una storia mai scritta, L'Autore
libri, Firenze.
La dimensione
della narrativa di Luisa Gregorj è quella del racconto breve,
talvolta anche del microracconto, cioè il singolo episodio,
l'evento scontornato dal contesto in cui era inserirlo, ma la cui
evocazione, quasi sempre in chiave autobiografica e collocata
nell'ambiente culturale mittleuropeo ancora attonito per l'implosione
dell'Austria felix conseguente alla scomparsa dell'impero, è una
proiezione rilucente di elementi autentici, di colori. Suoni,
parlate dialettali, atteggiamenti quotidiani eli anonimi
protagonisti del mondo di mezzo, quello rappresentato (la contadini,
operai, impiegati, piccoli borghesi, affascinati e imprigionati
nelle loro abitudini, costumi e credenze, che Luisa Gregorj riesce a
documentare con felicissima levità ed immediatezza di tratto
rappresentativo, come ben pochi scrittori hanno la fortuna di sapere
realizzare sulla pagina, nel lindore di una parola sempre
cristallina e chiari, quanto ricca di echi del passato.
Sandro
Gros-Pietro
SALOTTO DI
CONVERSAZIONE
... arrivava
in bicicletta, con le mani in tasca, pedalando sulla strada
asfaltata che allora per la quasi totale assenza di macchine
appariva quasi d'argento, e poi proseguiva tranquillamente con la
spavalda sicurezza dei suoi sedici, diciassette, diciotto anni,
verso la città di Treviso dove lavorava in un'officina ed appena
arrivava un autocarro, un furgone o qualcos'altro, dopo aver fatto
al conducente un cenno con la mano, si agganciava con la destra alla
parte posteriore, e via! Sfrecciava veloce fino alla Porta San
Tommaso e poi abilmente si sganciava e ritornava ad essere un
ciclista. Così
facevano i ragazzi allora, senza complessi e senza titoli di studio,
malcelando la loro superiorità con un lampo volutamente
indifferente negli occhi e senza timore di prendere una multa che a
quell'epoca, negli anni del dopoguerra, era assai improbabile, dato
che i vigili urbani non lasciavano il centro
della città ed agivano specialmente verso sera verificando che
tutti i ciclisti avessero il fanale acceso. Era
un punto d'onore per i giovani emancipati andarsene bellamente a
spasso senza appoggiare le mani sul manubrio, fischiettando e
lanciando esclamazioni ogni volta che le circostanze lo
richiedevano. Intanto lungo i
bordi di quella strada delimitata dai maestosi platani risalenti
all'epoca napoleonica e che da Treviso raggiungeva Conegliano prima
di sfiorare paesi grandi e piccoli, ma ognuno con una sua identità,
e non c'era solo il campanile a
distinguerli ma anche una certa variazione nel linguaggio e nel
carattere degli abitanti, ad ore prefissate e specialmente a quella
del ritorno a casa, si snodava una lenta e variegata processione di
cicli, che alle pedalate accompagnavano una tranquilla o vivace
conversazione. Erano
tutte persone compite quelle e non c'erano tra loro quei discoli che
rischiavano la vita pur di sfrecciare veloci aggrappati ai camion e
se la stagione era buona e non c'era bisogno di proteggersi il petto
sotto il soprabito con la carta di giornale, tutto invogliava a non
avere fretta e a chiacchierare piacevolmente. Tutti
erano vestiti da città con una certa eleganza e specialmente donne
e ragazze, anche le più povere, che non rinunciavano né ai tacchi
a spillo, né ai colori alla moda, né alla borsetta rigorosamente
intonata ai loro tailleur o a quegli abiti variopinti con la vita
stretta e le lunghe ed ampie gonne arricciate che davano l'illusione
della ricchezza e la certezza della gioia. Tra
i ciclisti c'erano professionisti, avvocati, ingegneri, architetti
che a piccoli gruppi, avevano il loro stuolo di conversatori ai
quali Chiunque poteva aggiungersi e si poteva così passare,
accelerando un poco l' andatura o rallentandola, da un salotto
all'altro. Le donne di una
certa età si consolavano l'una con l'altra raccontando, le proprie
disgrazie, mentre i gruppi più chiassosi erano quelli giovani e specialmente
delle ragazze: c'era chi proseguiva in silenzio ascoltando e chi
invece preferiva chiacchierare e specialmente ridere. Le ultime
novità venivano proprio raccontate in quel tratto di strada e
a volte erano novità frizzanti accompagnate da risolini e commenti
che non mancavano mai.
Le notizie rimbalzavano da un salotto all'altro acquistando sempre
nuove tonalità: non mancava il senso critico che poteva colpire
chiunque rappresentasse l'autorità, dagli anziani, e specialmente
4e madonne» (le terribili suocere di tante famiglie patriarcali), o
i rappresentanti del clero, e se erano ietti o quasi cattolici
praticanti, non rinunciavano a «<mettere la loro
pezzetta>>. Ma quei
tragitti in bicicletta lungo la strada d'argento fiancheggiata dai
platani e da ville e giardini, rappresentava anche l'occasione per
le dichiarazioni d'amore: «Signorina, permette che l'accompagni?»
e i due giovani rallenano il passo isolandosi in un mondo di sogno
dove i salotti di conversa/ione erano lontani, mentre il loro animo
si schiudeva alla speranza e inavertitamente, e specialmente
all'imbrunire, tra parole, schermaglie e sorrisi, le loro biciclette
si avvicinavano l'una all'altra fino a essere perfettamente parallele
a proseguire lentamente tra bisbigli, privilegio allora solo
concesso ai fidanzati e allora gli altri dai vari salotti
sussurravano sorridendo, un po' con ripetto e
un pò con invidia"i fà amor".
CALENDIMAGGIO
Che cosa festeggiate?
Calendimaggio, rispose voltandosi e scrollando i capelli biondi, con
estrema naturalezza e con lo stesso tono come se avesse detto «Oggi
è domenica, seduta con i compagni e le compagne sulla sponda di un
autocarro fati accostare al porticato di un bar nella piazza
principale di Assisi in quella sei del 2 maggio 2004 dopo la
manifestazione folcloristica. «Calendimaggio...»
e il suono della sua voce era chiaro e leggero men in un attimo, con
il consenso dei proprietari, tavolini metallici e poltronci ne erano
stati sollevati e portati sopra l'autocarro dove l'allegra compagnia
brindava con il vino dell'Umbria. Calendimaggio... e le parole e le
risate ,,i sparpagliavano dinanzi allo stupore dei turisti, che non
sapevano o avevano dimenticato che in quei luoghi si celebrasse
ancora la primavera come ili epoca medioevale e come forse molto
più in là nel tempo.
La ragazza dai capelli ondulati probabilmente non aveva neppure
vent'anni come forse li avevano appena compiuti i suoi compagni,
allega senza essere volgari e che, in quella breve e spensierata
sosta, mantenevano la tensione per un progetto da realizzare anche
nei giorni seguenti nella rievocazione storica che sarebbe culminata
dopo la sfida tra la «Nobilissima Parto de Sopra» e la «Magnifica
Parte de Sotto» e la presentazione delle rispettive madonne
primavera", i cortei storici e la benedizione dei vessilli,
l'esibizione degli sbandieratori, nella proclamazione di Madonna
Primavera,
Ma per molti
turisti Calendimaggio era solo il titolo di una vecchia antologia,
cose di bimbi... loro non sapevano. Neppure sapevano che ci sarebbe
stata una sfida canora tra la «Nobilissima Parte de Sopra» e la
Magnifica Parte de Sotto» di Assisi; loro non sapevano; loro
venivano dal tripudio meccanico del presente, non sapevano nulla del
passato. Loro non sapevano nulla dell'assegnazione del Palio, ma
sapevano tutto e solo delle previsioni meteorologiche. Primavera, giochi di bimbi, sbiaditi nel tempo. Non
potevano neppure immaginare una realtà vissuta in altra maniera,
portatrice di gioia e mentre per i vicoli incontravano altri
giovani che camminando sorreggerle vesti di velluto, chiedevano:
«<Che cosa festeggiate?>> ,<Calendimaggio»»
era la risposta stupita ed il tono era lo stesso, spensie- e
leggero, della ragazza dai capelli ondulati che aveva risposto con
estrema naturalezza negli occhi limpidi: calendimaggio .
© Luisa Gregorj 2002
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